Il senato americano blocca Zoom: ecco i motivi.

Visti i recenti problemi di sicurezza dei dati, i senatori americani, hanno invitato a servizi di app alternative per le videoconferenze. Lo stesso problema adesso preoccupa anche Big G, che vieta ai dipendenti l’uso della piattaforma sui computer portatili. Secondo quanto riportato dal Financial Times anche se non si tratta di un vero è proprio divieto, ai senatori americani è stato chiesto di trovare app alternative da usare per lo smart working.

Come ben sappiamo milioni di utenti nel mondo, vista l’emergenza coronavirus, ogni giorno utilizzano Zoom per per connettersi durante il lavoro e lo studio in questo periodo di lockdown. Parlando di numeri Zoom aveva 10 milioni di utenti a fine 2019; adesso ne ha 200 milioni. 

A preoccupare per questa situazione sono state le diverse problematiche venute a galla diverse settimane fa per quanto riguarda privacy e sicurezza. L’azienda ha ammesso di aver fatto passare per errore dati dei suoi utenti attraverso i suoi due server in Cina. Tutto questo è accaduto durante il picco dei dati che si è verificato da fine febbraio, scoperto poi dopo attraverso una ricerca di Citizen Lab, il quale ha svelato che, in alcuni casi le chiavi di cifratura dei dati di Zoom erano probabilmente state spedite verso i server a Pechino. 

Altri problemi emersi sono stati la condivisione non autorizzata di dati con terze parti, la possibilità di entrare in riunioni cui non si è invitati (il cosiddetto Zoombombing) e la comunicazione poco trasparente sulle misure di cifratura. Inoltre, secondo il Washington Post, alcune videoconferenze sono state esposte online.

Zoom corre ai ripari

Il ceo di Zoom Eric Yuan si è scusato con gli utenti ammettendo che l’azienda ha deluso le aspettative della sua community in fatto di sicurezza e privacy. Quindi è subito corsa ai ripari provvedendo a risolvere i problemi che hanno permesso l’errore di indirizzamento dei dati in Cina, e aggiungendo la cifratura end-to-end anche se per quella occorreranno mesi.

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