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Poste Italiane può contare su alcuni prodotti di enorme successo e rilevanza, alcuni nati anche dopo che il servizio postale italiano è diventato una società semi-privata dello stato italiano: tra questi spiccano ovviamente i “recenti” servizi Postepay ma se si guarda più indietro è possibile riscontrare anche i libretti postali, una delle forme di “conservazione” e gestione del denaro più antiche del nostro paese. I libretti postali sono, dal punto di vista “tecnico” una sorta di versione depotenziata di quelli bancari, e non sono troppo differenti per struttura dai buoni fruttiferi, e rappresentano una delle tipologie di questi strumenti così diffusa da essere a volte “dimenticata” ma in alcuni casi possono essere profittevoli.
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La “nascita” del libretto postale risale al 1875, ma hanno avuto un vero e proprio “boom” a partire dall’inizio del 1900. Ancora oggi, pur essendo cambiati solo “tecnologicamente parlando”, strutturalmente restano quasi gli stessi: permettono di gestire e “conservare” il denaro, oltre a consentire l’addebito di pensione e stipendi (si tratta dello strumento proprio più adatto per l’accredito delle pensioni) essendo dotati di IBAN, non sono soggetti a pignoramento e di fatto non hanno costi veri e propri, se si esclude l’imposta di bollo di 34,20 euro che si paga una volta all’anno per i detentori di redditi superiori a 5000 euro anni.
Ogni anno Poste Italiane chiude una quantità considerevole di libretti postali divenuti nel frattempo dormienti, causa inutilizzo: dormiente è quello che non viene utilizzato e quindi movimentato per 10 anni e che “contiene” almeno 100 euro. Entro il prossimo 21 giugno tutti i libretti che hanno assunto questa condizione andranno incontro a una chiusura, e tutti gli importi relativi saranno spostati su un fondo Consap. Tutti quelli dormienti sono consultabili presso questo indirizzo, messo a disposizione proprio da Poste Italiane.