Nel decretone anche un fondo per i videogames.

Possiamo certamente affermare che la pandemia, sotto alcuni aspetti, non è stata uguale per tutti. Alcuni settori sono stati danneggiati, altri invece hanno subito richieste mai come prima, e poi c’è un settore che nella crisi è cresciuto a dismisura; il settore digitale.

In questo settore c’è una particolare nicchia che ha visto un decollo vertiginoso, l’industria dei videogames.Videogame: ecco cosa cercano gli italiani online

All’arrivo del coronavirus le vendite dei videogiochi sono schizzate, a un certo punto perfino l’OMS hai invitato le persone impiegare un po’ di tempo per giocare ai videogiochi, organizzazione che fino a qualche tempo fa diceva tutto il contrario.
Parlando di numeri, complessivamente da marzo ci sono stati 10 miliardi di dollari di fatturato, con un incremento del 11% in più rispetto all’anno scorso.
Alcuni titoli come ad esempio New horizons ha venduto circa 5 milioni di copie, la stessa Microsoft ha registrato un aumento di abbonati del 130%. Twitch la piattaforma di streaming ha fatto un balzo del 50% raggiungendo un miliardo e mezzo di ore di gioco.
Sicuramente questo sarà uno dei settori che non avrà bisogno di aiuti anche se sorprendentemente, nel decreto rilancio, quello da cui dovremmo prendere gli aiuti per ripartire, ci sono diversi commi dedicati ai videogiochi. In particolare dal comma 15 a 21 dell’articolo 46, è stato riservato un sostegno alle startup innovativa.

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Questo fondo lascerà per sostenere chi progetta e sviluppa videogiochi, si chiamerà first playable Fund, ovvero prima versione giocabile che sosterrà i giochi nella loro fase iniziale.
Ci saranno ben 4 milioni di euro nel 2020 che il ministero dello sviluppo economico dovrà distribuire nella forma di contributi a fondo perduto per coprire il 50% delle spese.Tali strumenti esistono già in altri paesi come il Regno Unito, Canada, Germania e Danimarca.
La nota illustrativa della norma specifica che i videogiochi sono un settore molto complesso e hanno bisogno di aiuti per raggiungere un mercato potenzialmente globale, ma possono diventare anche un filone del tutto made in Italy.

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